- Maria è felice
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Nel cuore della Brianza esiste questo “piccolo mondo antico”, dove sono incastonati angoli deliziosi, spazi bellissimi, quiete atmosfere. Mondo animale, vegetale e umano convivono in una perfetta e radiosa armonia. In questo luogo fanciulle di pietra, piante eleganti, oggetti animati dalla luce da sembrare vivi, che, insieme a cani, cavalli, farfalle, gatti e altri piccoli abitanti, vivono con Maria e Felice, in una narrazione serena e limpida. In questo paesaggio troviamo Maria e Felice e in loro vediamo il paesaggio. Il dialogo quotidiano, continuo, ripetuto, ha creato una vera e propria simbiosi. Ho sempre pensato che la felicità non avesse un luogo ma che fosse essa stessa il Luogo. Ecco, questa affermazione, qui, è realtà. Maria e Felice vi abitano da quando, giovane coppia, comprarono questo posto facendone il loro mondo, da cui rarissime volte si allontanano. Vivono insieme alla loro nipotina, di cui si prendono cura, e sebbene la loro vita sia stata attraversata da momenti oscuri, grandi fasci di luce, sempre pronti a brillare, offrono una magnifica forza e bellezza quotidiana. Gli alberi, i campi, gli animali, le pietre, Maria e Felice si fondono dentro una mirabile gaiezza. Immersi nel loro mondo Felice è Maria, Maria è Felice.
- Al netto della neve
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Al netto della neve è un lavoro ispirato dal titolo della canzone di Paul Simon The sound of silence, il suono del silenzio. Mi sono rivolta all’ascolto del suono del silenzio femminile, troppo spesso ignorato, inascoltato, oppresso. Invece ho voluto esaltarlo, celebrarlo con la pienezza, la poesia, la forza e dolcezza insieme delle sue vibrazioni, dedicandogli questo testo che accompagna le fotografie:
Lungo il mosaico nero della prepotenza si scorge la tua figura lucente, Donna.
L'ingiustizia modella la curva delle tue spalle forti e costringe a studiare i tuoi passi, per reazione alzi la testa e chiudi gli occhi.
È il suono del silenzio, è tanto bianco.
È il suono del silenzio, è troppo nero.
È il silenzio, e ha gli occhi chiusi.
Non dorme e non sogna, aspetta il bagliore dell'innocenza che emerge decorando il risveglio.
Osserva, il silenzio ha aperto gli occhi.
Sono occhi neri d'eclissi di un silenzio che si svela come l'oscurità al netto della neve. Ascoltalo, Donna. Il suo sguardo è oratore mite e la tua verità la sua eloquenza.
- Sineddoche
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La sineddoche è una figura retorica, connota i significati attraverso la natura intercambiabile di particolare e universale. La parte rappresenta il tutto, il plurale esprime il singolare e il genere la specie secondo rapporti di quantità.
Durante il cammino di Santiago si abbracciano molteplici emozioni, molti sentimenti affiorano e una varietà di scenari diversi tra loro fa da cornice a una esperienza arricchente e unica. Si incontrano persone, animali, paesaggi, cose, e tutto sembra mettersi in posa, forme e colori forniscono bellissime suggestioni. Questo è il contenuto, nella visione di insieme e di dettaglio, del racconto grafico e poetico sulle tappe del Cammino, da Palas de Rei a Santiago de Compostela. Simboli, figure, disegni in un andirivieni di viceversa dall'incantevole immediatezza.
Ovunque la quiete, la bellezza, ovunque significati magnifici.
Di verdi e blu disseminati, poesie a cielo aperto.
Di respiri immensi, tempo sospeso, disincanti.
Di luci filtrate, risposte azzurre, silenzi melodiosi.
Ogni dettaglio fisico e metafisico, tutti i grandi respiri sensoriali ed emotivi racchiudono la bellezza di ogni singolo istante e di tutta l’eternità. Per chi Cammina, una catena montuosa e un grammo di nuvola hanno lo stesso peso.
- La linea sottile
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La linea sottile è un punto di vista, un Luogo che ognuno può riconoscere come proprio, le cui stanze si svelano nella poesia dell’ordinario. Il reale e il possibile non si dividono, piuttosto si rincorrono. Tramutano le menzogne –ombre- in verità –reale- ed entrambe coesistono in una naturale intimità. Così lo sguardo alle cose cambia lo scenario, in un teatro di luci, dove cielo, terra, mare, fiore, sasso, gli oggetti comuni, diventano evocazione e poi pensiero. Lo spazio creato tra il fotografato e il percepito è il momento preciso della sospensione, quando l’emozione visuale si anima di memoria. Una voce elementare e riconoscibile, eco, ricordo e stupore.
- Haiku
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Come l’Haiku è la narrazione minima in poesia così il dittico è la composizione minima in fotografia per raccontare una storia. In questo lavoro vi si racconta una serie di storie, brevi, anzi brevissime. Un Haiku fotografico. Una sorta di on/off in dodici dittici, inizio e fine di situazioni e sentimenti dell’uomo, nomade nella natura, in cui diventa soggetto-oggetto in un gioco di spazio/tempo narrante. Si rincorrono in ordine sparso raccontando:
presenza/assenza
dentro/fuori
calma/frenesia
nascita/morte
unità/pluralità
guerra/pace
ordine/caos
amore/odio
libertà/prigionia
Ogni inizio storia del resto contiene inevitabilmente la sua fine, il ciclo delle cose, il ciclo della vita, della natura stessa. Questi “fotogrammi” sono essenza e apparenza, alba e tramonto, zenit e nadir.
- Intime Architetture
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Intime Architetture è un’autobiografia la cui trama è intrecciata di emozioni che hanno caratterizzato il vissuto di una coscienza in crescita. Attraverso otto trittici vi si narra con un linguaggio onirico, quasi ludico, l’emancipazione dell’Io che persegue un’autonomia senza la quale non è possibile progredire. La trama ricopre lo spazio dell’Io e lo trasporta saldamente da una dimensione ad un’altra. La messa a fuoco accompagna l’idea del passaggio, mentre dettagli narrativi espongono l’idea del movimento e del cambiamento. Non c’è equivoco nel leggere l’autocostruzione di una coscienza sentitasi prigioniera in una dimensione opprimente e che per questo desidera attraversare il confine, superare il limite, varcare la soglia, straripare il bordo. Non è quiete poi, ma accumulo di luce. Ed è dal centro di questa cellula nuova che si fa osservare questo fresco tessuto di incontenibile energia, il vissuto è stato intrecciato creando decori e ornamenti, che hanno arredato stanze vuote d’attesa.
- La quinta stagione
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La quinta stagione è la stagione perfetta, la stagione ideale, quella che supera la morte nella comunione con la natura, che è la vita stessa. Dimentichiamo il tempo per entrare nell’armonia della creazione, commistione corale tra natura e uomo. Uomo inteso come universale e non come Io. L’abbraccio totale tra questa fanciulla e il creato genera una nuova bellezza, inviolabile e piena di grazia. Le braccia come rami, l’acqua come respiro, il cielo e terra cuori e libertà.
- Senza Istruzioni
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La meraviglia del quotidiano, di ogni sua storia consiste nelle mille variabili che lo trasformano in straordinario, in un mosaico di situazioni che offrono allo sguardo un panorama sempre diverso e magnifico. Attraverso gesti abitudinari o piccole pazzie costruiamo quel palcoscenico mutevole che è la vita, e per quanto ci possiamo sforzare non sempre ha risposte adeguate o precise e nemmeno suggerimenti vincenti. Non ci sono Istruzioni. Insieme alle inquietudini abbracciamo le felicità, insieme alle speranze combattiamo le contraddizioni. Conta soltanto il desiderio di godere di ogni minuto donato e ogni cielo vissuto.
- Meridiana
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Meridiana rappresenta il tempo, che è ciò che permette l’incontro tra la luce che non cambia mai e l’uomo che cambia sempre, l’ombra quindi diventa il simbolo di questa unione: la luce e l’uomo. Meridiana evoca lo scorrere del tempo e l’inevitabile senso di cambiamento e consumo che appartengono alla realtà dei viventi. Il cammino dell’uomo è scandito dal ritmo dato dalla luce, che svela e cela il mondo mentre l’uomo vive e osserva, e mentre impara il senso dell’irrevocabilità, in lui emerge il desiderio di comprendere la luce, che eterna e inalterata illumina ogni cosa che, poiché mondana, è soggetta al consumo e suscettibile di degrado nel decorso della propria caducità. Esiste tuttavia un momento in cui l’uomo capisce che non esiste solo la bellezza vana delle cose periture circostanti, ma anche, e soprattutto, la bellezza perfetta di ciò che gli permette di osservare. Che lo spettacolo vero non è di fronte a lui, ma alle sue spalle, alla fonte, alla luce. All’inizio l’uomo guarda il mondo illuminato, ma è nella luce stessa che scopre la vita. L’origine e la conclusione è che niente può sempre finire.